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L’importanza di essere “Collio”

Ogni tanto io e la Giulina ci divertiamo a stappare vini scaduti, o presunti tali.

Mesi fa un Pinot Grigio stessa annata stesso produttore non ci convinse, ambrato e gusto miele di castagno. Il genio del friulano Mario Schiopetto lo abbiamo ritrovato, però, in un’altra bottiglia, con la sua voglia, già negli anni ’60, di produrre vini, eleganti, freschi e profumati, alleggerendosi dalle zavorre del passato, lui che volle imbottigliare il suo nettare perché in damigiana nessuno ne avrebbe compreso il valore.

Mario Schiopetto

Questo Sauvignon 1999 ci ha fatto esultare fin dal colore, dorato luminoso, confermato da un naso che non si rassegnava a spengersi, vivo negli agrumi dai mille volti, candito, bon bon, marmellata.

Un miele di tiglio nitido, caramella balsamica all’eucalipto, poi tornava sulle note dello zenzero, melissa, infine soffuso Champignon. Naso vitale, con ancora scatti giovanili.

Gusto straordinario, quasi un cono crema e limone condito al sale di Maldon. Alcol comprimario, corroborante, mai sopra le righe.

Cosa può essere un grande Collio dopo 23 anni.

Sauvignon 1999 Schiopetto, su risotto agli asparagi.

Voto: ottimo (10)

 

Valentino Tesi

 

(degustazione aprile 2022)

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