Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator

Catarratto, una nuova era

Uno dei vitigni maggiormente vituperati in Sicilia è il catarratto. Già il termine dialettale che rimanda all’abbondanza, alla vigoria, non aiuta. I vini spesso non brillano per qualità.
Il consumatore medio probabilmente non ne ha mai assaggiato neppure una bottiglia o peggio si è fatto un’idea sbagliata, magari con qualche versione turistica del Bianco d’Alcamo.
La Sicilia è un mosaico di scenari diversi, in cui tutto è legato dalla presenza del mare. Nell’entroterra palermitano, denominazione Monreale, esiste una zona molto vocata per agricoltura e viticoltura, Camporeale, con vigneti che arrivano fino a 450 metri slm. Fondata dagli antichi greci e sviluppata anche sotto il dominio arabo, in queste terre l’uomo ha sempre trovato buoni frutti. Camporeale si sta creando un nome di rilievo con il Syrah, qua considerato quasi autoctono ma è stato il Catarratto dell’azienda Alessandro di Camporeale a stupirmi.

Vigneti di Alessandro di Camporeale

Uva storicamente utilizzata anche nel marsalese per la creazione del famoso liquoroso di quelle terre, è comunque diffusa in tutta l’isola, anche se nella versione secca e in purezza trova nel palermitano la sua area d’elezione. Il catarratto con più ettari è il clone Comune, Alessandro di Camporeale usa quello di nicchia, l’Extra Lucido. Di grande pregevolezza i grappoli provenienti dall’antica vigna Mandranova.

Vigna di Mandranova

Forse quest’uva ha proprio bisogno dell’entroterra siciliano per trovare stoffa, necessita di quelle escursioni termiche pur continuando a respirare il mare, che lo rendono di carattere, scattante ma materico. Nel millesimo 2017 il dorato riverbera nel calice, del colore dei campi arsi intorno ai vigneti, emana raggi di luce da ogni direzione. I profumi sono inebrianti, quelli che evocano la Trinacria: zagara, pompelmo maturo, marzapane. Sorso calibrato, con il sale che punzecchia continuamente, che insaporisce e condisce. Lunghissimo, voto: distinto (9).
Bevendolo risuonano in mente le parole del mitico avvocato di Johnny Stecchino, “il sole, il mare….”.
Questa è la Sicilia che vogliamo, quella che interpreta il territorio, che esalta nel vino la macchia mediterranea, l’aridità, la concentrazione, il sapore. Sorseggiando questo Carricante echeggia la Regione cantata da Quasimodo, quella calda, verace e selvaggia ma anche delicatamente raffinata.

 

Degustato a settembre 2023.

 

Valentino Tesi

TI PIACE QUESTO POST ? CONDIVIDILO

Condividi su Facebook
Condividi su Twitter
Condividi su Linkdin
Condividi su WhatsApp
Condividi su Telegram
Condividi per Email